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Il reato commesso dalla controllata e responsabilità della controllante

Il Decreto Legislativo n. 231/2001 si rivolge agli enti singolarmente considerati, senza prendere in esame il fenomeno dei “gruppi” di imprese e senza, quindi, disciplinarne le implicazioni sotto il profilo della responsabilità amministrativa da reato.

Nella prospettiva del diritto, così come concepito dal nostro ordinamento, il “gruppo” risulta privo di autonoma capacità giuridica e costituisce un raggruppamento di enti dotati di singole e distinte soggettività giuridiche.

Come affermato dalla più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., VI Sez. pen., sent. n. 2658 del 2014), non è possibile desumere la responsabilità delle società controllate dalla mera esistenza del rapporto di controllo o di collegamento all’interno di un gruppo di società.

Il giudice quindi deve esplicitamente individuare e motivare la sussistenza dei criteri di imputazione della responsabilità da reato anche in capo alle controllate.

Per questi motivi, nelle sue più recenti pronunce, la Corte di Cassazione è arrivata ad affermare che affinché possa esserci responsabilità in capo alla holding è necessario che questa abbia perseguito un interesse concreto o tratto un vantaggio effettivo, non potendosi applicare in maniera generica e automatica il criterio dell’interesse di gruppo.

Non solo. La Suprema Corte ha precisato che il soggetto che ha agito per conto della holding deve aver concorso effettivamente con il soggetto autore del reato, non essendo sufficiente un generico riferimento al ruolo di capogruppo e quindi alle funzioni di direzione e coordinamento esercitate per affermare la responsabilità della società.

L’appartenenza ad un gruppo non può, quindi, implicare automaticamente la responsabilità della capogruppo per reati commessi da società controllate.

Seguendo questo andamento, la recente sentenza n. 52316 del 27.09.2016 sopra richiamata, ha affermato che “In tema di responsabilità da reato degli enti, qualora il reato presupposto sia stato commesso da una società facente parte di un gruppo o di una aggregazione di imprese, la responsabilità può estendersi alle società collegate solo a condizione che:

  • all’interesse o vantaggio di una società si accompagni anche quello concorrente di altra società;
  • la persona fisica autrice del reato presupposto sia in possesso della qualifica soggettiva necessaria, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 231, ai fini della comune imputazione dell’illecito amministrativo da reato”.

La società controllante o le altre società facenti parte di un gruppo possono, dunque, essere chiamate a rispondere, ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, del reato commesso nell’ambito dell’attività di una società controllata appartenente al medesimo gruppo purché:

  • il fatto illecito sia stato commesso perseguendo anche l’interesse della controllante o dell’altra società del gruppo (interesse o vantaggio da verificarsi in concreto);
  • nella consumazione del reato abbia concorso una persona fisica che agisca per conto della holding stessa o dell’altra società facente parte del gruppo.

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