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Il metodo per mappare e analizzare i rischi

L’analisi dei rischi è, senza dubbio, l’asse portante nella costruzione di un modello ex D.Lgs. 231/2001.

Dalle conclusioni dell’analisi derivano direttamente gli elementi intorno ai quali definire le condizioni di organizzazione, gestione e controllo previste dal modello medesimo.

L’introduzione voluta dal legislatore dei reati inerenti l’omicidio e le lesioni colpose e la conseguente estensione dell’analisi a tali eventualità, ha per certi versi, semplificato il problema; infatti la materia della sicurezza e salute sui luoghi di lavoro ha da sempre (D.lgs 626/94) adottato l’analisi dei rischi quale strumento fondamentale nella definizione del documento previsto dal Decreto, cioè il Documento di Valutazione dei Rischi; in poche parole, si tratta di analizzare i rischi di infortunio ponendoli in sequenza degradante (dal più alto al più basso) adottando poi tutte le misure preventive più opportune per mitigare i rischi più alti sino a che il rischio cosiddetto “residuale” sia ritenuto accettabile e, quindi, tollerabile.

La “determinazione dell’esposizione al rischio” è uno dei modelli per quantificare i rischi: Esposizione = probabilità x danno. Dove la probabilità esprime il numero di volte che l’evento dannoso può verificarsi, il danno invece è la conseguenza per l’azeinda dell’evento dannoso, una volta che questo si è verificato.

La graduazione dell’esposizione consente di sottacere nella definizione del modello quei rischi valutati come residuali e per i quali si conviene, per l’appunto, di non adottare per essi alcuna misura precauzionale.

Tale occorrenza evita che il modello diventi eccessivamente oneroso (antieconomico) e che “ingessi” ben oltre il necessario il funzionamento dell’Azienda.

L’analisi dei rischi potrebbe, al netto della valutazione dei controlli in essere in azienda, esplicitare il livello di esposizione al rischio assegnato a ciascuna tipologia di reato ed alle correlate attività a rischio.

In tal modo risulterebbe più agevole la predisposizione e più efficace l’attuazione del modello, che sarà più “blindato” per i reati/attività cui è assegnata un’esposizione maggiore.

Il processo di identificazione dei rischi e di valutazione delle aree maggiormente esposte alla commissione dei reati è così chiaramente visibile alla Direzione.

Valutare il rischio tenendo conto della probabilità e dell’impatto consente alla Direzione di organizzare le rilevazioni secondo una scala di priorità al fine di poter gestire e pianificare gli interventi da attuare.

Secondo la dottrina aziendalistica il livello di adeguatezza delle misure nei sistemi di controllo dei rischi fa riferimento al rapporto costi/benefici: il punto di pareggio tra il costo e il beneficio, in termini aziendali, definisce il livello di rischio accettabile in quanto un’ulteriore protezione dal rischio non risulterebbe economicamente vantaggiosa.

In generale, la normativa stabilisce che il reato non può essere imputato se, unitamente ad altre condizioni, esiste un sistema di prevenzione tale da non poter essere aggirato, se non fraudolentemente.

Con la stessa logica si fissa anche il livello di rischio accettabile.

Questa soluzione risponde alla logica della elusione fraudolenta del modello organizzativo quale esimente ai fini dell’esclusione della responsabilità amministrativa dell’ente: “le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e gestione” (art. 6, co. 1, lett. C) d.lgs. 231/01).

Diversamente, nei casi di reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose commessi con violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la soglia concettuale di accettabilità non può essere semplicemente quella dell’elusione fraudolenta, poiché la specifica normativa in materia prevenzionistica prescrive che i rischi devono essere integralmente eliminati in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e ove ciò non sia possibile, ridotti al minimo.

In questi casi, agli effetti esimenti previsti dal d.lgs. 231/2001, la soglia di rischio accettabile è rappresentata dalla violazione del modello organizzativo di prevenzione (e dei sottostanti adempimenti obbligatori prescritti dalle norme prevenzionistiche) nonostante la puntuale osservanza degli obblighi di vigilanza previsti dal d.lgs. 231/2001 da parte dell’apposito Organismo di Vigilanza.
In pratica, relativamente alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, devono essere adottate tutte le misure richieste dalle specifiche normative in materia.

Il modo più comune di controllare il rischio consiste nell’introdurre un certo numero di misure (protocolli) volte a ridurre sia la probabilità che un evento avverso possa manifestarsi, sia gli effetti negativi generati nel caso in cui il reato dovesse effettivamente verificarsi.

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