Incidenti sul lavoro e responsabilità dell’azienda ai sensi del D.Lgs. 231/2001
Come noto, il D.Lgs. 231/2001 ha introdotto la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i reati che l’azienda può commettere a suo interesse o vantaggio.
Con l’introduzione dei reati sulla sicurezza del lavoro e dei reati ambientali nella 231, l’elenco dei «reati presupposti» si è arricchito di due importantissime aree di reati che, per la prima volta dall’introduzione della normativa, sono di natura colposa e non dolosa, come i reati fino ad allora facenti parte della normativa 231.
Dunque, fra i «reati presupposti» che possono dar luogo alla responsabilità penale della società (con rischio di sanzioni pecuniarie e interdittive per l’impresa), ci sono anche l’omicidio colposo, le lesioni gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro (art. 25-septies della 231) e i reati ambientali (art. 25-undecies della 231) .
Sul punto, ci si chiede il motivo per cui siano state inserite dette fattispecie di reato, di natura colposa, all’interno del sistema sanzionatorio 231 che prevede, come detto, il requisito necessario dell’interesse o del vantaggio da parte dell’azienda nell’aver commesso quel reato.
In altre parole: come può il legislatore aver previsto l’interesse o il vantaggio di un’azienda a seguito di un infortunio grave o addirittura mortale di un suo dipendente?
È evidente che non risponde all’interesse della società, o non le procura certamente un vantaggio, la morte o le lesioni riportate da un suo lavoratore causate da violazioni di norme antinfortunistiche.
Semmai è di sicuro vantaggioso per l’ente conseguire un risparmio di costi derivante dall’omissione di investimenti necessari per adeguarsi alla normativa prevenzionistica, con violazione di quest’ultima e conseguente causazione dell’infortunio. Così si è espressa recentemente la Cassazione.
Di fatto, continua la Cassazione, l’azienda che risparmia risorse finanziarie non investendo, o addirittura tagliando la spesa, in materia di prevenzione, nel caso in cui si consumi un reato a seguito di violazione della normativa prevenzionistica, si vedrà contestata la responsabilità ex D. Lgs. 231/2001, con applicazione delle relative sanzioni.
Eppure, l’unico modo per evitare all’azienda la chiusura, per esempio per la frattura di un braccio con durata superiore ai 40 giorni (lesione grave, ai sensi del 583 c.p.) è quello di dotarsi di un Modello Organizzativo ai sensi del D.Lgs 231/2001.
Sono sempre più numerose le aziende che hanno deciso di adottare il Modello organizzativo ai sensi della normativa entrata in vigore nel 2001, come dimostrano anche i grafici qui sotto riportati relativi a due indagini, una del 2008 (dove emerge che il 27% delle aziende intervistate non aveva adottato il Modello) e una del 2016 (dove si nota un netto incremento riguardo all’adozione del Modello, infatti solo il 2% delle aziende non lo ha attuato).
L’azienda deve essere consapevole del grado di rischio che corre quotidianamente, conoscendo dettagliatamente i controlli interni implementati ed elaborando una “Lista della spesa” delle cose da fare per ogni attività a rischio individuata.
L’elaborazione di una griglia di tutela delle imprese deve prevedere il censimento di:
- attività a rischio
- procedure interne
- funzioni aziendali e organi societari
- reati rilevanti.
L’obiettivo è quello di creare una mappatura dell’organizzazione aziendale e della normativa al fine di creare una procedura di segnalazioni, tale da far monitorare all’azienda il rischio di coinvolgimento in fatti illeciti.
L’azienda deve conoscere:
- le attività a rischio mappate dalla società: in sostanza si deve essere in grado di individuare i reati (da cui scaturisce la responsabilità amministrativa) in relazione alle funzioni aziendali coinvolte e alle procedure poste a presidio di tali attività; detto in altre parole devono essere individuate le aree a rischio in relazione alle singole fattispecie
- i reati rilevanti ai fini del dlgs 231/2001 e le attività a rischio poste in essere nell’esercizio dell’impresa: questa attività deve essere oggetto di costante aggiornamento a fronte delle successive integrazioni dell’elenco dei reati presupposto della responsabilità amministrativa delle imprese
- le funzioni aziendali della società con la specificazione dell’organigramma aziendale, l’indicazione delle posizioni gerarchiche apicali e delle deleghe di responsabilità e di funzioni e delle attività a rischio poste in essere da ciascuna funzione.
In secondo luogo l’azienda, dopo aver nominato un Organo di controllo deputato a vigilare sul sistema implementato (Organismo di Vigilanza o OdV), deve elaborare procedure poste a presidio delle attività a rischio e costruire un sistema di segnalazioni effettuate o ricevute dall’Organismo di vigilanza con la specifica delle funzioni aziendali coinvolte, delle attività oggetto di segnalazione e delle procedure eventualmente rilevanti.
La reportistica aziendale può essere simmetricamente strutturata in queste direzioni:
- report segnalazioni: segnalazioni effettuate o ricevute dall’Organismo di vigilanza
- report funzioni: informazioni sulle funzioni aziendali, le attività a rischio svolte da ciascuna di esse e le procedure a essa applicabili
- report attività: informazioni sulle attività a rischio che possono portare alla commissione dei reati previsti dal d.lgs. 231/2001
- report reati: informazioni sui reati previsti dal d.lgs. 231/2001.